Bolo-story #8 di Buon Natale a tutti – Come la Bologna duecentesca ricreò il paradiso in terra, guadagnandoci pure
Innanzitutto Ban Nadèl e ban aptit a tótt! Oggi raccontiamo un classicone. Ma prima, come ogni serie di livello, riassunto delle puntate precedenti. Sul pezzo, regaz, sul-pezzo!
Nelle Bolo-story scorse (tag verde) si era accennato al Secolo d'Oro bolognese, il 1200. E' chiamato così perché Bologna era (elenchino): Libero Comune autonomo (Bolo-story #6), tra le 10 città più popolose d'Europa, controllava pure Imola e l'alleata Faenza formando un mini-stato che arrivava sino alle importanti saline di Cervia, ricca grazie all'allora più importante Università d'Europa e influente per i suoi esperti di diritto, aveva sconfitto l'Imperatore Federico II e ne teneva in ostaggio il figlio Re Enzo (Bolo-story #7), era addirittura un centro di culto grazie a “Gerusalemme” Santo Stefano (Bolo-story #4) tanto che a Bologna allora viveva San Domenico (vedi Chiesa con tomba a lui dedicata) da cui nasceranno i Domenicani e nel 1222 vi rimase a lungo anche San Francesco (vedi Chiesa a lui dedicata) da cui nasceranno i Francescani, 2 dei 4 grandi ordini odierni. Mica poco.
Ma la vita non era certo facile per tutti: nel medioevo c'era una forma di semi-schiavitù che tutti a scuola abbiamo imparato (e che tuttora esiste secondo Elio e le Storie Tese): la servitù della gleba. Cioè contadini che non erano puri schiavi ma manco liberi: erano legati a vita alla terra, ai latifondi delle famiglie nobili senza potersene andare liberamente. Del resto, la schiavitù era sempre esistita nella storia umana: dalle civiltà mesopotamiche agli egizi, dagli imperi asiatici agli indiani d'America, persino i padri della nostra cultura (greci e romani).. tutti avevano sempre avuto gli schiavi. Fino a che..
Nel 1257 il Libero Comune di Bologna era così ricco e lungimirante che fece una scelta rivoluzionaria: con la legge “Liber Paradisus” impose la liberazione di tutti i servi nel suo territorio. Liberi. Tutti. Esattamente gli ultimi 5.855 servi diventarono di colpo liberi cittadini, con il Comune che li riscattò dai rispettivi padroni a cui pagò una somma a prezzo di mercato. Bologna fu probabilmente la prima città al mondo nella storia ad abolire interamente la schiavitù nei suoi territori con un atto ufficiale, un esempio di legislazione progressista medievale. Per dire, la servitù della gleba nel Sud Italia verrà abolita solo nel 1806 (550 anni dopo!), in Russia nel 1861, negli Usa la schiavitù nel 1865 (e al prezzo di un conflitto inenarrabile), in Cina solo nel 1909. A Bologna, pacificamente, nel 1257. Figo Lincoln eh, mo' sorbole se ce n'hai messo di tempo!
Lo si fece per ben 4 motivi, non tutti ovvi, vediamoli bene:
- Il primo, il più scontato, quello morale. Tanto quella religiosa (“Liber Paradisus” si riferisce al paradiso dove il dio cristiano ha creato libero l'uomo) quanto quella laica legata al valore della libertà, molto sentita ai tempi con Bologna che era Libero Comune e ancora era vivo il ricordo della lotte per le libertà da Papi e Imperatori. Non a caso, nel nostro stemma cittadino fin da allora trovate una e una sola parola scritta: “Libertas”. Rivoluzione Francese spostati proprio. Ok, bravi, bello, ma tutto qua? No.
- Poi perché, specie grazie alla relativamente recente Università che portava tanti ricchi studenti da fuori quindi domanda di beni/servizi (parleremo del loro impatto in una Bolo-story dedicata), a Bologna serviva sia nuova manodopera in città sia una maggior produzione di cibo dalle campagne. E il capitalismo moderno insegna: le persone libere lavorano di più e meglio dei servi (è così che ci han “fregato”!). A numerosi servi affrancati, infatti, vennero assegnati terreni incolti in località “franche” (da cui probabilmente i nomi di paesi come Castel-franco).
- Inoltre perché i servi liberati iniziarono così a pagare pienamente le tasse, più entrate per il Comune! Insomma, una geniale mossa pre-capitalista e un investimento innovativo che fa girare l'economia. Adam Smith cioccapiatti, in ritardo pure te!
- Infine, anche una motivazione geopolitica: liberare i servi toglieva potere e potenziali soldati “privati” alle famiglie nobili (specie i signorotti delle campagne/montagna), quindi rafforzava il potere centrale del Comune. Per esempio, la potente famiglia Prendiparte (sì, quelli della torre, ghibellini e quindi possibili proxy dell'inviso Imperatore) venne privata di ben 200 servi. Un bel modo per prevenire eventuali colpi di stato e l'insorgere di Signorie (vedi nel '400 la Bolo-story #5...).
Insomma, un provvedimento geniale che rese ancor più fiorente la città di Bologna e alla fine fece contenti praticamente tutti. Tutti tranne il Carlino che pare inizialmente titolò: “Follia, il Liber Paradisus ferma l'economia! I servi d'oggi non hanno più voglia di lavorare! Ai nostri tempi nel lontano 1100 sì che..”. Ok, sorry.
E chi fu il regista di questa scelta? Di nuovo lui, sempre lui: Rolandino de' Passaggeri, il celebre giurista medievale che già nella Bolo-story #7 decise su Re Enzo e che poi scrisse con irriverenza all'imperatore Federico II “Eh vez, stoca' che lo libero, finché lui sta qua tu non ci attacchi hahaha, socmelbèn”. Ma detto meglio e in latino. Un grandissimo, di cui riparleremo ancora.
Come già vi dissi, Rolandino oggi riposa nell'arca affianco a San Domenico in foto. Se passate di lì (San Domenico è forse la più bella chiesa di Bolo come interni, ci siete stati, vero?), non dimenticate di ringraziarlo e dargli un “bella vez”. Da dentro l'arca, se ascoltate bene e se evita il latino stretto, vedrete vi risponderà qualcosa tipo: “Brisa fer l'esèn, prenditi mo' cura di 'sta città. E vedi di amarla tanto, come ho fatto io ai miei tempi”.